La mostra di Roma ripercorre la complessa eredità dell’imperatore Domiziano

Una mostra a Roma tenta di ridimensionare la vita e la morte di Domiziano, ultimo degli imperatori Flavi (81-96 dC).

“Guai a me, penso di diventare un dio”, si lamentò il famoso Vespasiano con i piedi per terra sul letto di morte. Prestito dalla collezione Farnesi Napoli e qui occupa una decina di metri di spazio murario la testa dello stesso imperatore ‘divinizzato’ e capostipite della dinastia dei Flavi è una mostra centrale di questa avvincente mostra nei Musei Capitolini.

Semmai, il ‘caput’ è più grande di quello di Costantino nel cortile del museo sottostante. Ed è ugualmente intatto. Tranne che sopra la fronte, da qualche parte nella storia, è stata accuratamente tagliata, quindi il resto della testa potrebbe essere usato come bacino: cerca il foro praticato attraverso l’orecchio.

E perché nessuna testa gigante per Domiziano? Il motivo è nella damnatio memoriae durante il regno del suo successore, l’imperatore Nerva. Come qui, sopravvivono diverse teste di Domiziano, ma ciascuna un decimo o meno delle dimensioni di suo padre (Vespasian) o di suo fratello (Tito). Dimostrare che la damnatio memoriae, date le migliaia di teste ordinate poi inviate in tutto l’impero, era solo parziale. Il semplice numero di loro in circolazione è una spiegazione.

Cancellare Domiziano

Lo stesso con le monete, una qui mostra il volto di Domiziano cancellato, un’altra moneta intatta. Un altro fattore era che la deturpazione avrebbe diminuito il loro valore. Inoltre c’è il puro sforzo coinvolto. Il Penn Museum in Pennsylvania ospita una targa a Domiziano dove viene cancellata la prima riga di caratteri, le righe successive solo in parte perché gli antichi operai si stancavano. O forse i loro scalpelli si sono rotti? Poi, vengono i riferimenti a Domiziano nei geroglifici egizi, ancora intatti grazie ai limiti delle abilità linguistiche del suo avversario.

Ma torniamo alle teste commemorative. Pescato dal Tevere qui è uno di rame verdeggiante abbastanza piccolo da stare nel palmo di una mano, presumibilmente gettato lì per soddisfare il decreto del senato. L’unica statua di dimensioni davvero monumentali che rende onore a Domiziano è un Ercole di basalto setoso alto 2,5 m completo di copricapo leonino. Gli estatici senatori che abbattono le statue descritti vividamente da Plinio il Giovane devono aver trascurato l’ordine di Diocleziano di modellare il volto della statua da solo.

Busto in bronzo di Domiziano con foglie d’acanto, collezione Ny Carlsberg Glypotek, Copenaghen. © Ny Carlsberg Glypotek.

Quindi Diocleziano è passato alla storia come uno dei dieci peggiori imperatori, sinonimo di crudeltà casuale, paranoia e un mucchio di altri vizi. Lo storico / pettegolezzo Svetonio, scrivendo sotto “un buon imperatore” Adriano, spiega il carattere di Domiziano secondo le stesse linee che aveva usato in precedenza per Caligola. Id est. Domiziano inizia come bonus princeps del senato la cui carnagione rossastra era vista come un segno di modestia giovanile, ma finisce per diventare un mostro quando il potere e il sospetto hanno la meglio (o il peggio) di lui.

Nessuna buona qualità?

Quel rossore imperiale, per un altro scrittore, non segnalava altro che vergogna. Dione Cassio, un ex senatore che scrive in greco, Plinio e lo storico Tacito sono tutti restii ad ammettere che Domiziano avesse delle buone qualità. Tacito coinvolge l’imperatore nella morte di Giulio Agricola, anche se questo potrebbe essere controbilanciato dal fatto più concreto che Agricola, ex governatore della Gran Bretagna, era il suocero dello storico.

Il più schiacciante di tutti è Giovenale che ribattezza Domiziano il “Nero calvo”. La Satira IV del poeta lo accusa di aver riempito la sua corte di stranieri e nuovi arrivati. Ancora più ripugnante è l’accusa di Satira II di Domiziano di aver temporaneamente abbandonato la moglie Domizia per Julia, sua nipote, costringendola poi a un aborto da cui è morta. ‘…sua nipote troppo fertile ingoiò pillole, fece abortire,/ e ogni nodulo di embrione era lo sputo vivente dello zio.’*

Nel frattempo, aggravando il crimine, lo stesso imperatore continuava a emettere decreti moralistici, uno che condannava una vestale a essere murata viva per una relazione con un amante segreto. L’ipocrisia per far rabbrividire il più moderno sostenitore dei valori della famiglia? O fake news, visto che Giovenale per una precedente satira era stato, secondo molti esperti, mandato in esilio dallo stesso Domiziano. Dopo anni a rimuginare sul suo destino nel deserto d’Egitto, ecco la vendetta del poeta, che nel settembre 96 Domiziano finisce accoltellato e sepolto.

Ammazza mosche

A costo di essere un leccapiedi imperiale, Marziale è un’eccezione per ritrarre fedelmente la virtù di Domiziano. Poi sarebbero arrivati ​​i primi scrittori cristiani che insultavano Domiziano per aver esiliato Giovanni il Divino a Patmos nell’Egeo, condannandolo a essere bollito nell’olio, una prova da cui il Libro dei Martiri di Foxe dice che Giovanni fu miracolosamente scampato. Petrarca scrive di “Tito, il figlio buono e bello” e Domiziano “il cattivo e bello”. Secoli dopo Gian Battisti Lilli pubblica una poesia intitolata Domiziano l’assassino di mosche, riferendosi a uno degli hobby preferiti dall’imperatore.

Dopo tante accuse, false o meno, è un sollievo ritrovarsi nel regno degli oggetti permanenti. E, cosa rara in ogni esposizione, in situ: le 15 sale/capitoli della Villa Caffarelli parte del museo corrispondono al luogo dove Domiziano costruì il Tempio a Giove Capitolino. Questo per ringraziare il dio della protezione accordatagli quando da ragazzo, travestito da sacerdote di Iside, riuscì a sfuggire alle truppe invasori del rivale di suo padre, Vitellio. Sempre in segno di ringraziamento fece costruire nelle vicinanze un altro tempio ad Iside, in quanto soppiantato dalla chiesa di S. Maria in Aracoeli, e da cui proviene una targa opportunamente votiva alla stessa dea.

Sangue e circhi

E un paio di stanze si occupano proprio di questo, degli edifici. Domiziano terminò il Colosseo, inaugurato da Tito nell’80 d.C. Sì, ‘sangue e circhi’, si potrebbe puntare il dito, e un modo per esaltare la propria immagine autocratica. Gli attivisti per i diritti umani potrebbero denunciare la propensione di Diocleziano a “contrapporre le donne ai nani”, gli ambientalisti si lamentano della sua prima presentazione di un rinoceronte che “lanciava tori come palle” per riformulare un epigramma marziale.

Ma poi costruì in Campo Marzio anche il suo omonimo Circo per le gare di atletica meno cruenta, più l’Odeon, per la poesia e la musica. La prova che forse Diocleziano non era affatto cattivo è la targa funeraria di Q. Sulpicius Maximus, morto all’età di 11 anni e vincitore nel 94 d.C. del concorso di poesia greca. Dell’Odeon restano alcune pietre nella facciata di Villa Massimo su Corso Vittorio Emanuele. Al Circo di Domiziano si deve Piazza Navona, il salotto di Roma.

Barocco Flavio

I suddetti Templi; il Palazzo Palatino, la sua ornata muratura, qui esposti alcuni frammenti, che danno origine a un genere chiamato da allora ‘Barocco Flavio’; strade restaurate e, nel caso della via Domitiana, costruite ex novo; un nuovo Forum Transitorium, ora intitolato al successore di Domiziano Nerva, ma come dimostrano i segni sui mattoni nel suo seminterrato in realtà fondato da Domiziano prima della damnatio memoriae e il resto lo raggiunse: tutti questi potrebbero classificare Domiziano come un Augusto degli ultimi giorni.

Insieme a tanti nuovi archi, uno spiritoso graffito obietta ‘apkei’/abbastanza, trascritto in latino come ‘arci’/archi. Vanità forse, ma anche un modo per riparare ai danni degli incendi sotto Nerone e nell’80 dC Tito.

Anche i senatori non sono rimasti colpiti. Alcuni erano pronti ad ammettere l’abilità di Domiziano come amministratore e persino a lodare Domiziano per aver impedito l’inflazione mantenendo una quantità costante di argento nella valuta, eppure, intraprendendo così tanti progetti di costruzione, ha esagerato. Già ‘odiato’ dal senato, iniziò prima a prendere di mira i senatori critici con l’esilio e le confische, poi in un massimo di 40 casi li fece mettere a morte, anche come mezzo per raccogliere fondi.

Tedesco

La guerra era un’altra fonte di spesa e, soprattutto quando non ne seguì alcuna vittoria, di risentimento. Mentre Domiziano riuscì a consolidare la linea difensiva contro i tedeschi, assegnandosi il titolo di “Germanicus” – una politica di contenimento perseguita in seguito da Adriano con un effetto ottimale generalmente concordato, la sua campagna contro i Daci prevedeva non l’arricchimento di Roma ma l’acquisto del nemico.

Peggio ancora, scrive Dione Cassio, Domiziano si concesse un trionfo, sfoggiando non un vero bottino ma mobili precedentemente immagazzinati nel suo palazzo, attori che sostituirono i veri prigionieri. Cfr. La parte ‘amore’ del titolo, riuscì a mantenere la lealtà dei soldati con un aumento di stipendio generalizzato, un favore che le legioni dell’est avrebbero ripagato dopo la sua morte divinizzando la sua memoria, non dannandola.

Marble portrait of a female figure (“Dama Fonseca”), Capitoline Museums, © Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (Photo Zeno Colantoni).

E così a ‘Flavian Women’, una delle penultime sale/capitoli dello spettacolo: c’è Julia, la nipote di Domiziano. E lì, due volte, a Domizia, entrambe nella più spettacolare delle acconciature. E c’è un tornante scavato per aiutare l’intera architettura a posto. E lì, sul muro, c’è Giovenale a ironizzare su di loro. Un misogino moderno può pensare “fusilli o “tortellini” ipersimmetrici.

Giovenale dalla sua infame misogina Satira VI commenta: ‘Così numerosi i livelli ei livelli che potresti prenderla per un altro Andromarque;/ era così alta dietro; non la considereresti la stessa persona…’ *Un equivalente moderno dei tacchi alti, allora?

Amore e odio

Ancora una volta, considerando che il presunto coinvolgimento di Domizia nell’omicidio, nell’amore o nell’odio di suo marito è il motivo, che riflette l'”Io amo e odio” di Catullo, fatto un ossimoro / del mio ex sé, tormentosamente tuo.’** Comunque, molti dei reperti sono sbalorditivo, così come la loro presentazione. Altrimenti gli oggetti casuali vengono ordinati abilmente in una storia.

Le parzialità della storia, se non capovolte, sono quantomeno ridimensionate da solidi manufatti: dall’Iran settentrionale uno specchio inciso con la battuta dell’imperatore calvo che i capelli, come l’erba, non durano; da Monaco una pietra votiva a Helios, la cui menzione di Domiziano è stata scheggiata; poi da un fosso in Olanda una maschera di bronzo da uomo di cavalleria.

Di Martin Bennett

*Traduzione di Peter Jones, ‘Juvenal, the Sixteen Satires’, Penguin Classics
**Traduzione di Martin Bennett

Questo articolo è stato pubblicato nell’edizione online di luglio-agosto della rivista Wanted in Rome. La mostra, intitolata Domiziano Imperatore. Odio e amore, visitabile a Villa Caffarelli, Musei Capitolini, fino al 29 gennaio 2023.

Ultime Notizie

Back to top button