L’adesione di Bulgaria e Romania a Schengen è una questione di unità ed equità europea

Per dire le cose con il loro nome, la continua esclusione di Bulgaria e Romania dall’area senza passaporti Schengen aiuta solo ad alimentare la propaganda anti-UE e mina l’influenza e i valori dell’UE all’estero, scrive Ilhan Kyuchyuk.
Ilhan Kyuchyuk è un membro bulgaro del Parlamento europeo per il gruppo Renew.
Crescendo sotto il comunismo, ricordo come la caduta del muro di Berlino simboleggiasse una promessa di libertà e unità per molti europei dell’Est, soprattutto tra le generazioni precedenti alla mia, che vissero tutta la loro vita costretti tra confini chiusi. Quella promessa si è avverata quando il mio paese, la Bulgaria, ha aderito alla NATO, perché la nostra difesa e il sogno a lungo aspirato di aderire all’Unione Europea, per essere finalmente riuniti con i nostri compagni europei, hanno preso vita. Tuttavia, la continua esclusione di alcuni Stati membri dall’area Schengen fino ad oggi mina i principi stessi su cui è stata fondata l’UE, facendo sentire alcuni cittadini europei come membri di seconda classe di questa Unione.
Una preoccupazione spesso menzionata è il timore che gli individui provenienti dai nuovi membri vadano a scapito dei sistemi di welfare di altri Stati membri. Questo si basa su casi isolati che non rappresentano la comunità più ampia. Si possono e si dovrebbero istituire quadri normativi per prevenire tali abusi e si dovrebbe monitorare il rigoroso rispetto delle regole.
Un altro argomento a sostegno dell’adesione a Schengen è che ciò aggraverebbe i problemi abitativi a causa della densità di popolazione in alcune aree. È importante chiarire che Schengen facilita la libera circolazione per viaggi e lavoro, non i trasferimenti di massa.
I recenti voti del Parlamento europeo sottolineano l’urgenza di questo problema. A stragrande maggioranza i deputati del Parlamento europeo hanno chiesto l’adesione di Bulgaria e Romania a Schengen entro la fine del 2023. Entrambi i paesi soddisfano i criteri necessari ormai da anni e non comprendiamo la decisione di alcuni paesi di rifiutare la loro adesione senza offrire alcuna valida giustificazione giuridica. Questa esclusione non è meramente simbolica: non è solo l’ultima barriera di confine chiusa di fronte alla piena unità europea della Bulgaria e della Romania; impone inoltre costi reali alle imprese e ai cittadini, contribuendo ulteriormente alle disparità sociali ed economiche.
Ad esempio, i viaggi e gli scambi commerciali sono ostacolati da ritardi che possono durare da ore a giorni, rispetto a un’attesa media di 10 minuti all’interno dell’area Schengen. Ciò è particolarmente dannoso per i conducenti dei camion, poiché ha un impatto non solo sui mezzi di sussistenza, ma aumenta anche le emissioni di CO2 di ben 46.000 tonnellate all’anno: una conseguenza ambientale che va contro i nostri obiettivi climatici comuni.
Per dire le cose col loro nome, l’esclusione continua non fa altro che alimentare la propaganda anti-UE e minare l’influenza e i valori dell’UE all’estero.
Preoccupazioni valide, soluzioni reali
Ci sono domande fondate sulla capacità di alcuni paesi di gestire i propri confini in modo efficace, in particolare quando si tratta di trattare i richiedenti asilo e combattere la corruzione. Ma queste non sono questioni limitate a un singolo paese. Come vediamo dagli attuali numeri sulla migrazione, nessun paese può affrontare questa situazione da solo.
Ma la buona notizia è che qui l’Europa ha le competenze per aiutare. Cooperando e mettendo in comune le nostre competenze in materia di protezione delle frontiere possiamo accelerare la nostra preparazione, ovunque l’UE abbia frontiere esterne. Una migliore formazione, una tecnologia condivisa e operazioni congiunte possono migliorare sostanzialmente le nostre capacità congiunte. Ciò non solo risolve eventuali lacune operative, ma funge anche da strumento collaborativo per combattere la corruzione e il contrabbando, problemi che non riguardano solo la Bulgaria o la Romania, ma sono questioni di portata europea che richiedono soluzioni europee.
Schengen non è semplicemente una questione politica; è una questione umana. Riguarda lo studente che desidera studiare all’estero, l’imprenditore o il lavoratore transfrontaliero che cerca opportunità oltre confine e le famiglie che desiderano viaggiare liberamente. Si tratta di rompere finalmente le restanti limitazioni fisiche e di sentire la libertà di essere europei, nella sua interezza.
Mentre ci avviciniamo agli incontri chiave dei prossimi mesi, la domanda che ci attende è se vogliamo un’Unione europea a due livelli o una comunità inclusiva e unificata. I principi che fondano l’UE – libertà, uguaglianza e Stato di diritto – ci chiamano all’azione.
L’orologio sta ticchettando. È nostro dovere, nei confronti di noi stessi e delle generazioni future, garantire che la promessa europea di libertà e unità non lasci indietro nessuno.