Sulla scia delle proteste, l’Iran abolisce la polizia morale

In quella che sembra essere una concessione alle proteste diffuse sulla scia della morte di Mahsa Amini, una giovane donna che era detenuta dalla polizia morale per presunta violazione delle regole sull’abbigliamento islamico, l’Iran ha abolito quel ramo dell’applicazione pubblica, secondo un annuncio del procuratore generale riportato sui media statali.

La decisione, riportata dai notiziari statali nella tarda serata di sabato, è sembrata una vittoria importante per le femministe che hanno cercato per anni di smantellare la forza e per il movimento di protesta innescato dalla morte della giovane donna, Mahsa Amini, 22 anni, a settembre . I disordini sono stati una delle più grandi sfide degli ultimi decenni al sistema iraniano di governo clericale autoritario e la decisione di eliminare la polizia morale è stata la prima grande concessione del governo ai manifestanti.

La polizia morale “è stata abolita dalle stesse autorità che l’hanno installata”, afferma la dichiarazione del procuratore generale Mohammad Javad Montazeri, secondo quanto riportato dai media statali. Ma ha continuato suggerendo che la magistratura avrebbe comunque applicato restrizioni al “comportamento sociale”. Ha anche indicato che le autorità stavano rivedendo i regolamenti sul velo.

Ciò che non è ancora chiaro è quale impatto avranno questi cambiamenti sull’applicazione del codice di abbigliamento in futuro o se le autorità stiano pianificando di allentare la legge sull’hijab, che rimane in vigore. Il ruolo principale della polizia morale era quello di far rispettare le leggi relative al codice di abbigliamento islamico conservatore dell’Iran, imposto dopo la rivoluzione islamica del 1979 e recentemente rinvigorito dal nuovo presidente ultraconservatore del paese. Il codice di abbigliamento per le donne è diventato un pilastro ideologico dell’establishment clericale al potere, centrale per la sua identità, ma anche il punto focale delle proteste e del malcontento.

Le restrizioni richiedono alle donne di coprire il proprio corpo con abiti lunghi e larghi e i capelli con un foulard o un hijab. Nonostante le proteste di massa, lunghe vesti nere e chador, un copricapo nero che arriva fino al petto, sono diventati la norma per le donne.

Quando la signora Amini è morta in custodia dopo essere stata arrestata dalla polizia morale in una strada di Teheran, le proteste a livello nazionale che ne sono seguite si sono concentrate inizialmente sulle leggi islamiche sull’abbigliamento.

Le proteste, ora al loro terzo mese, sono state guidate da donne e giovani che chiedono la fine del governo clericale e una maggiore libertà sociale, attingendo ad anni di rabbia repressa. I manifestanti hanno cantato “donna, vita, libertà”, hanno strappato i loro hijab, li hanno bruciati nei falò di strada e si sono tagliati i capelli in simbolici atti di sfida.

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