L’artista israeliano si rifiuta di aprire il padiglione fino al cessate il fuoco

Padiglione israeliano chiuso tra le richieste di cessate il fuoco a Gaza.

L’artista e i curatori che rappresentano Israele alla Biennale di Venezia affermano che il padiglione israeliano non aprirà fino a quando “non sarà raggiunto un accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi” nella guerra a Gaza.

La videoinstallazione (M)otherland dell’artista israeliana Ruth Patir, curata da Mira Lapidot e Tamar Margalit, avrebbe dovuto essere inaugurata questo fine settimana al padiglione nazionale israeliano a Venezia, ma martedì le porte erano chiuse per l’anteprima mediatica.

“La decisione dell’artista e dei curatori non è quella di cancellare se stessi e la mostra, ma scelgono piuttosto di prendere posizione in solidarietà con le famiglie degli ostaggi e con la grande comunità israeliana che chiede un cambiamento”, si legge in un comunicato pubblicato su Il sito web di Patir.

“Non c’è fine in vista, solo la promessa di ulteriore dolore, perdita e devastazione” – hanno aggiunto i curatori Lapidot e Margalit – “L’arte può aspettare ma le donne, i bambini e le persone che vivono l’inferno non possono”.

All’inizio di quest’anno più di 23.000 persone, tra cui artisti, curatori e figure culturali, hanno firmato una petizione online chiedendo che Israele fosse escluso dalla partecipazione alla 60esima edizione della Biennale di quest’anno.

L’appello è arrivato dal gruppo di attivisti Art Not Genocide Alliance che ha citato le “atrocità in corso contro i palestinesi a Gaza” da parte di Israele e ha accusato la Biennale di fornire una piattaforma a uno “stato di apartheid genocida”.

Il ministro italiano della Cultura Gennaro Sangiuliano ha respinto la petizione “vergognosa” e ha sostenuto la partecipazione di Israele alla fiera internazionale d’arte che si svolgerà a Venezia dal 20 aprile al 24 novembre.

Foto: aperto

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