L’Italia ricorda l’eccidio delle Fosse Ardeatine

Roma celebra il 79° anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Il 24 marzo 1944 le forze naziste che allora occupavano Roma compirono una delle più orribili atrocità contro i civili durante la seconda guerra mondiale in Italia.

Le Fosse Ardeatine, un’ex cava vicino alla Via Appia Antica, furono scelte come luogo per l’uccisione in massa di 335 persone, come rappresaglia per un attacco partigiano contro una colonna della polizia militare tedesca in marcia il giorno prima.

Via Rasella attack

In un attacco contro le forze tedesche che occupavano la città, i combattenti della resistenza italiana hanno fatto esplodere una bomba artigianale in un carro della spazzatura comunale in Via Rasella, vicino a Piazza Barberini, prendendo di mira una colonna della polizia militare di Bolzano attaccata alle SS in viaggio da Piazza del Popolo al suo quartiere al Viminale, appena fuori Via Nazionale.

La bomba è stata innescata quando la pattuglia ha imboccato la stretta e ripida strada che corre parallela a via del Tritone, tra il Traforo e Palazzo Barberini, a pochi passi dalla Fontana di Trevi.

Dei 156 uomini dell’unità tedesca, 28 furono uccisi sul colpo, salendo a 32 il giorno successivo e successivamente a 42.

Hitler

Il comando delle SS a Roma sotto Herbert Kappler raccomandò subito rappresaglie, che furono rapidamente approvate dalle autorità militari fino a Hitler.

Entro 24 ore il comando tedesco ordinò la strage ardeatina. La risposta è stata rapida e brutale, senza la consueta affissione di avvisi che offrivano di rinunciare a rappresaglie se gli attentatori si fossero arresi.

Vittime innocenti

Centinaia di vittime innocenti furono rastrellate immediatamente dal carcere di Regina Coeli, dalle loro case e per strada nel tentativo di raggiungere un rapporto di dieci a uno per ogni tedesco ucciso nell’attentato di via Rasella.

Le vittime innocenti erano uno spaccato di quanti vivevano a Roma in quel momento: circa 100 civili e professionisti, militari, operai, un prete cattolico e diversi studenti, 75 dei quali ebrei.

Erano di tutte le età dai 15 ai 70 anni e di tutte le convinzioni politiche, dagli ufficiali dell’esercito monarchico ai comunisti di estrema sinistra. Alcuni di loro venivano da fuori Roma.

Il 24 marzo le 335 vittime sono state portate su camion fuori città dagli ufficiali delle SS Erich Preibke e Karl Hass, divise in gruppi di cinque e colpite alla nuca.

Quando gli ufficiali scoprirono che, per sbaglio, erano stati catturati cinque ostaggi di troppo, decisero di ucciderli comunque per non far spargere troppo presto la voce della strage.

Le Fosse Ardeatine furono poi fatte esplodere con la dinamite per sigillarle e i corpi lasciati in decomposizione. Fu solo più di un anno dopo, dopo la liberazione alleata di Roma il 4 giugno 1944, che le grotte furono riaperte e i corpi ritrovati.

Sacrificio orribile

Nel dopoguerra il luogo della strage fu trasformato in museo, mausoleo nazionale e santuario dedicato ai martiri.

Una lapide sulla parete della grotta recita: “Qui siamo stati brutalmente uccisi, vittime di un orribile sacrificio. Possa dal nostro sacrificio sorgere una patria migliore e una pace duratura tra le genti”.

Numerosi oggetti personali appartenenti alle vittime delle Fosse Ardeatine si trovano nel Museo della Liberazione di Roma in Via Tasso, ex quartier generale della Gestapo dove furono torturati ebrei e personaggi della resistenza durante l’occupazione nazista di Roma dal 1943 al 1944.

A Roma sono previste diverse cerimonie di commemorazione pubblica in onore delle vittime, e questa sera alle 17.30 il presidente Mattarella deporrà una corona di fiori nel mausoleo delle Fosse Ardeatine.

Erich Priebke

Erich Priebke, ufficiale delle SS e criminale di guerra nazista, è morto a Roma all’età di 100 anni nell’ottobre 2013. Dopo la sua estradizione dall’Argentina, Priebke era stato condannato all’ergastolo nel 1998 per il suo ruolo nel massacro delle Fosse Ardeatine.

Tuttavia, a causa dell’età avanzata e delle cattive condizioni di salute, la sua condanna all’ergastolo è stata ridotta agli arresti domiciliari che ha scontato nel quartiere Balduina di Roma.

La morte di Priebke ha scatenato un acceso dibattito su cosa fare del suo corpo, con il Vaticano che ha intrapreso “un’azione senza precedenti” per impedire che il suo funerale fosse celebrato da qualsiasi chiesa cattolica a Roma.

Anche l’allora sindaco della capitale Ignazio Marino pose il veto a una sepoltura pubblica a Roma, città che definì “profondamente antifascista”.

Alla fine, i funerali di Priebke sono stati celebrati dalla Fraternità San Pio X – un gruppo scissionista cattolico ultraconservatore, alcuni dei cui membri hanno in passato affrontato critiche per tendenze antisemite – ad Albano Laziale, una cittadina dei Castelli Romani circa 25 km a sud di Roma.

Durante la funzione la polizia ha impedito lo scoppio di scontri tra simpatizzanti fascisti e manifestanti antifascisti. A causa delle proteste, i parenti di Priebke non avrebbero potuto accedere alla chiesa per partecipare alla cerimonia.

Successivamente la bara contenente il corpo di Priebke è stata sequestrata dalle autorità italiane e portata in una base militare vicino a Roma prima di essere sepolta “in un luogo segreto”.

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